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Vimala Thakar

La spiritualità è uno dei desideri. Non è la priorità assoluta. Comincia a vivere immediatamente la verità che hai compreso! Intellettualmente, le persone possono aspirare all’emancipazione o all’illuminazione, ma emotivamente amano essere circondate da piccole schiavitù. Vanno avanti a tessere la rete delle schiavitù. Vogliono appartenere emozionalmente a qualcosa, come la famiglia o la religione. Nel nome della sicurezza, creano questi vincoli emozionali e un senso di appartenenza esclusiva, mentre intellettualmente aspirano all’assoluta libertà, all’illuminazione. Come possono le due cose stare insieme? Sono incompatibili, ma gli esseri umani che diventano sadhakas, ricercatori, vivono una doppia vita. Non sono disonesti; mi riferisco a una divisione interiore. Si accontentano di sapere che la liberazione esiste, di leggere qualcosa al riguardo e di immaginarla. Sono soddisfatti di questo perché la parola “liberazione” ha una sua tossicità, l’emozione connessa al significato di questa parola è intossicante. E loro vivono di questa intossicazione, senza avere realizzato nulla di concreto. Questa divisione interiore, quindi, causa quella penosa sensazione di trovarsi a mani vuote sul finire della vita. Hanno soltanto gli involucri delle parole, non la sostanza interiore della liberazione

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Vimala Thakar

Occorre stare quietamente con se stessi per un po’ di tempo a osservare il movimento del pensiero, nello stato di osservazione. Bisogna impararlo, perché, non appena vi ponete nello stato di osservazione, riemerge la vecchia abitudine dell’introspezione, della valutazione. In una frazione di secondo lo stato di osservazione può andar perduto: allora diventate il giudice, colui che fa, colui che esperisce. Bisogna educarsi di giorno in giorno. […] Non è facile quello stato di osservazione in cui non fate qualcosa, in cui non siete attivi, né inattivi, in cui non state oziando e nemmeno non facendo; in cui l’attività mentale dualistica è tenuta in acquiescenza e resta attiva soltanto l’osservazione, né colui che fa, né colui che esperisce

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Vimala Thakar

L’uomo vive in uno stato più o meno nevrotico. Le nostre risposte sono inibite, le nostre percezioni condizionate. Non c’è alcuna spontaneità nella vita. Soltanto un processo meccanico di reazione in conformità con il condizionamento, la tradizione, le ambizioni, i movimenti personali e così via.

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Vimala Thakar

Avete notato quanto è monca, sbilanciata la crescita dell’uomo? Egli ha raffinato il cervello perdendo l’eleganza della semplicità; ha perso la capacità di guardare le cose senza nessun movente, con innocenza, senza trasformare l’atto e l’oggetto di osservazione in un mezzo volto a un fine. L’eleganza, la bellezza della semplicità e dell’innocenza sono perse per l’uomo. Occorre crescere verso la vulnerabilità, la tenerezza, la duttilità della meditazione e allora soltanto l’uomo sarà degno del proprio nome.

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Vimala Thakar

Voi volete interpretare l’evento, identificarlo, riconoscerlo, valutarlo, dargli un’etichetta e collocarlo nella memoria sotto qualche categoria, in modo che tale esperienza vi sia utile per un’ulteriore interpretazione degli eventi. Desideriamo avere una difesa, e le esperienze sono parte del meccanismo di difesa, così come lo è la conoscenza. Abbiamo paura di essere esposti alla vita, di vivere in uno stato di innocenza, di assoluta, incondizionata vulnerabilità al nudo tocco della vita così com’è e di lasciare che le risposte vengano da sole

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Vimala Thakar

È solo la non azione della mente nella sua totalità, senza frizioni, spontaneamente, secondo una non azione mentale volontaria, che attiva nella persona un’energia che non è cerebrale né psichica.
Niente altro può attivare o mobilitare nell’uomo quella energia non cerebrale e non fisica. Chiamiamola intelligenza.

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Jiddu Krishnamurti

“La verità è una terra senza sentieri”. L’uomo non può raggiungerla attraverso nessuna organizzazione, credo, dogma, clero, o rituali, né attraverso lo studio filosofico o le tecniche psicologiche. Deve trovarla attraverso lo specchio dei rapporti, attraverso il riconoscimento dei contenuti della propria mente e l’osservazione, e non mediante l’analisi intellettuale o la dissezione introspettiva. Gli uomini hanno costruito in se stessi le immagini della propria sicurezza, religiose, politiche e personali, che si esprimono come simboli, idee e credenze. Il loro peso domina il pensiero, i rapporti e la vita quotidiana dell’uomo. Sono la causa dei nostri problemi, perché in qualunque rapporto dividono le persone. La nostra percezione della vita è modellata dai concetti già formati nella mente. Il contenuto della nostra coscienza è la coscienza stessa, ed è comune a tutta l’umanità. La personalità consiste soltanto nel nome, nella forma, e nella cultura ricavata dall’ambiente. La specificità dell’individuo non sta nei fattori superficiali, ma nella totale libertà dal contenuto della coscienza.

La libertà non è una reazione, la libertà non è una scelta. È una pretesa umana pensare che la libertà di scelta sia libertà. La libertà è pura osservazione senza movente; la libertà non si situa alla fine dell’evoluzione umana, ma nel primo momento della sua esistenza. L’osservazione porta a scoprire la mancanza di libertà. La libertà risiede nella consapevolezza priva di scelta della vita quotidiana.

Il pensiero è tempo. Il pensiero nasce dalle esperienze e dalle conoscenze, che sono inseparabili dal tempo. Il tempo è il nemico psicologico dell’uomo. Il nostro agire si basa sul conosciuto e quindi sul tempo, e così l’uomo è continuamente schiavo del passato. 

Diventando consapevoli del movimento della coscienza, possiamo osservare la divisione tra il pensatore e il pensiero, tra osservatore e osservato, tra il soggetto dell’esperienza e l’esperienza. Scopriremo che questa divisione è illusoria. Allora rimane la pura osservazione, che è intuizione senza nessun residuo del passato. L’intuizione priva di tempo induce un profondo e radicale cambiamento nella mente. 

La negazione totale è l’essenza della positività. Dove c’è negazione di tutto ciò che non è amore (cioè desiderio e piacere) allora c’è amore, con la sua compassione e intelligenza”. 

Londra, 21 ottobre 1980

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Jiddu Krishnamurti

“La meditazione non è un’attività dell”isolamento, ma l’azione nella vita quotidiana che esige cooperazione, sensibilità ed intelligenza. Senza il fondamento di una vita retta la meditazione diventa una fuga e non ha alcun valore. Una vita retta non è l’obbedienza alla morale sociale, ma la libertà dall’invidia, dalla cupidigia e dalla ricerca del potere — che generano inimicizia. La libertà da questi mali non passa attraverso la consapevolezza che di essi si acquista mediante l’autoconoscenza. Senza conoscere le attività del sé la meditazione diviene esaltazione dei sensi e perde ogni significato … La meditazione non è una continuazione o una espansione dell’esperienza. La meditazione, al contrario, è quella completa inazione che è la cessazione di tutta l’esperienza. L’azione dell’esperienza ha le sue radici nel passato … la meditazione è lo svuotarsi dell’esperienza, è la totale inazione che proviene dalla mente che vede ciò che è, senza l’ostacolo del passato né del testimone che vive legato alla memoria del passato … Se non c’è meditazione, sei come un cieco in un mondo di grande bellezza, luci e colori … Meditare non è ripetere parole, sperimentare visioni o coltivare il silenzio. Questa è una forma di autoipnosi. Meditare non è chiudersi in un pensiero ideale, nell’incanto del piacere. Se tu dici: “Oggi comincerò a controllare i miei pensieri, a sedere quieto nella posizione del meditare, a respirare regolarmente” — allora sei preso nei trucchi con cui inganniamo noi stessi. La meditazione non è l’essere assorti in qualche idea o immagine grandiosa … La mente meditativa è vedere, osservare, ascoltare senza la parola, senza commento, senza opinione — attentamente e costantemente — il movimento della vita in ogni suo rapporto; allora sopraggiunge un silenzio che è negazione del pensiero, un silenzio che l’osservatore non può richiamare. Se ne facesse esperienza, riconoscendolo, non sarebbe quel silenzio. Il silenzio della mente meditativa non è nei confini dell’individuabilità, e non ha frontiere … Una piccola mente squallida e immatura può avere, ed ha, visioni ed esperienze che riconosce secondo il proprio condizionamento … La meditazione non appartiene a gente come questa, né ai guru. Non è per il cercatore, perché costui trova ciò che vuole, e il conforto che ne deriva è la morale delle sue paure. Per quanto faccia, l’uomo di credenza o di dogma non può entrare nel regno della meditazione. La meditazione necessita della libertà — che è totale negazione della morale e dei condizionamenti sociali — la libertà viene prima della meditazione, ne rappresenta il primo movimento. Non è una pratica pubblica dove in molti si uniscono e offrono preghiere. Sta a sé ed è sempre al di là dei confini della condotta sociale. Infatti la verità non è nelle cose del pensiero o in ciò che il pensiero ha costruito e chiama verità. La negazione totale di questa struttura del pensiero è la realtà della meditazione. La meditazione è un movimento incessante. Non si può mai dire che si sta meditando, o dedicare un periodo di tempo alla meditazione. La meditazione non è ai tuoi ordini. La sua benedizione non ti viene perché conduci una vita per così dire sistematizzata o segui una particolare routine o morale. Viene solo quando il tuo cuore è veramente aperto. Non aperto dalla chiave del pensiero, non reso sicuro dall’intelletto, ma quando è aperto come il cielo senza nuvole; allora viene senza che tu lo sappia, senza che tu la chiami. Ma non puoi mai custodirla, possederla, adorarla. Se cercherai di farlo, non verrà più, ti eviterà. Nella meditazione tu non sei importante, non occupi un posto; la sua bellezza non sei tu, la sua bellezza è in sé. E non puoi aggiungervi nulla. Non devi spiare dalla finestra sperando di prenderla di sorpresa, né sederti in una stanza buia ed attenderla; viene soltanto quando tu non sei là, e la sua benedizione non ha continuità…”

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Jiddu Krishnamurti

“La meditazione apre la porta ad una vastità che trascende ogni immaginazione o congettura. Il pensiero è il centro intorno al quale c’è lo spazio dell’idea, e questo spazio può essere allargato da ulteriori idee. Ma tale allargamento mediante stimoli di ogni sorta non è la vastità in cui non c’è alcun centro. 

La meditazione è la comprensione di questo centro e quindi il suo superamento. Il silenzio e la vastità vanno insieme. L’immensità del silenzio è l’immensità della mente in cui non esiste un centro. La percezione di questo spazio-silenzio non procede dal pensiero. Il pensiero percepisce soltanto la sua proiezione, e il riconoscimento di essa è il suo confine … “

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Jiddu Krishnamurti

“La meditazione è la cessazione del pensiero … Tutto ciò che il pensiero formula ha in sé il limite dei suoi confini, il pensiero ha sempre un orizzonte, la mente meditativa non ne ha, l’uno deve cessare perché l’altro possa essere. “

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